Notizie dal Carcere

Storia del Giornalismo Carcerario

La storia dei giornali, dal e sul carcere, risale agli anni immediatamente seguenti l’unità d’Italia con la nascita, nel 1865, del periodico Effemeride Carceraria, sotto la direzione dell’Ispettore Generale delle carceri, Napoleone Vazio. Fonte inesauribile di notizie storiche, di cronache di eventi ufficiali, di segnalazioni di pubblicazioni scientifiche, la rivista riporta ampi resoconti dei dibattiti parlamentari, disegni e testi di legge, lavori delle Commissioni parlamentari, interpellanze e interrogazioni sulle tematiche carcerarie e penali. Nel 1870, la pubblicazione cambia il suo nome in Rivista di discipline carcerarie e amplia i suoi orizzonti concedendo maggiore spazio al dibattito internazionale.

Di proprietà del Direttore Generale delle carceri, Martino Beltrani-Scalia, il periodico dedica alcune pagine alla pubblicazione del bollettino della Direzione Generale delle Carceri. Donata in seguito dallo stesso Beltrani-Scalia all’Opera Pia pei figliuoli derelitti dei condannati e successivamente al Protettorato di San Giuseppe, la rivista perde, progressivamente, il suo mordente, e, di conseguenza, anche collaboratori e lettori, diventando puro strumento per la ricerca di beneficenza. Malgrado il contributo del Ministero, che riconosce la prestigiosa rivista come pubblicazione semi-ufficiale dell’Amministrazione penitenziaria, il 1° dicembre 1925 chiude i battenti, dopo ben 60 anni di attività. Effemeride Carceraria viene sostituita dalla Domenica del Carcerato, una sorta di Domenica del Corriere (di cui imita anche la grafica). Scritta interamente dai detenuti della Casa penale di Regina Coeli, si rivolge ai detenuti e viene diffusa dall’Amministrazione in tutte le carceri del Paese.

«Un ebdomadario» dice polemicamente l’ultimo direttore Querci-Seriacopi «che non incontra neanche la simpatia dei carcerati, zeppo com’è di aneddoti, bozzetti, poesiole e raccontini» ma che continuerà ad uscire fino al 1930.  In Italia, si parla di “scritti dal carcere” già alla fine della prima metà del 1800, in seguito alla scrittura e alla pubblicazione de Le mie prigioni di Silvio Pellico, un diario-autobiografia in cui l’autore racconta il periodo della sua detenzione. Dopo un secolo, viene pubblicata un’altra grande opera carceraria italiana, I Quaderni del carcere, che contiene note, appunti, riflessioni scritti da Antonio Gramsci, durante la sua prigionia, su piccoli quaderni forniti dalle autorità carcerarie.

Le prime, significative esperienze di giornali carcerari si rintracciano alla fine degli anni Ottanta, quando Nicolò Amato (allora Direttore Generale degli Istituti Penitenziari) rende possibile l’istituzione di Sale Stampa all’interno di alcune carceri sia per evidenziare le condizioni carcerarie sia per favorire la nascita di un legame tra la società esterna e il mondo parallelo dei detenuti.

La prima di queste strutture viene aperta, ed inaugurata, a San Vittore il 12 luglio 1989; strutture analoghe nascono nelle carceri di Torino e in molte altre città della Penisola. Prima della Riforma Penitenziaria del 1975, l’informazione all’interno delle carceri era regolarmente sottoposta a censura. Pertanto i giornali acquistati o portati ai detenuti durante i colloqui erano sottoposti a severi controlli e tagli per evitare che i detenuti fossero informati, in particolare, su processi in corso, disordini all’interno di qualche penitenziario o su episodi di cronaca nera. I giornali circolavano comunque poco visto l’alto tasso di analfabetismo dei detenuti. Con la legge 354/75, viene introdotto il concetto di “trattamento” dei condannati e degli internati, attuato attraverso l’utilizzo «dell’istruzione, del lavoro, della religione, delle attività culturali, ricreative e sportive e attraverso opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia (art. 15)».

L’art. 18 della stessa legge completa il quadro degli strumenti di contatto fra l’ambiente carcerario e quello esterno e chiarisce il diritto dei detenuti sulla questione dei colloqui, della corrispondenza e dell’informazione. Infatti, le pubblicazioni in “libera vendita all’esterno” possono essere ricevute e custodite dai detenuti ma, solo per esigenze di ordine e di spazio, il regolamento interno prevede delle limitazioni quantitative. 

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